Saranno pure «spazzatura», ma i titoli di Stato greci restano ancora ben presenti nei portafogli dei fondi comuni italiani e quindi anche nelle tasche dei risparmiatori. Intendiamoci, non che la cosa sia un delitto, visto che – vale la pena di ricordare – nel malaugurato caso di default di Atene, le perdite potenziali sarebbero limitate al peso dei titoli ellenici e niente più. E soprattutto perché in un portafoglio di titoli obbligazionari la Grecia – così come Germania, Francia, Italia e gli altri paesi periferici – ha tutto il diritto di starci.

Sotto questo aspetto ci possiamo quindi considerare distanti anni luce dall'estate 2007, quella dell'inizio dello scandalo subprime. Allora si scoprì che molti titoli «tossici» (le cosiddette asset backed securities) erano finiti là dove non dovevano essere, cioè in fondi comuni con profilo di rischio molto basso. La Grecia, almeno per il momento, è però solo spazzatura, non merce tossica: si potrà discutere sull'opportunità o meno di tenerla in categorie di fondi come i monetari o gli obbligazionari a breve termine che per loro natura devono seguire strategie molto conservative. Ma alla fine si tratta di una decisione che spetta al gestore al quale, non va dimenticato, l'investitore consegna una delega in bianco (almeno fino a quando non deciderà di cambiarlo).

E così, guardando la composizione dei fondi (clicca qui per vedere la tabella) ci si può imbattere in società di gestione quali Novara Aquilone, Fondersel o Dexia che mantengono posizioni importanti sui titoli di Atene e che lo fanno per scelta precisa, anche se non sono stati premiati dalle performance in questi primi 4 mesi del 2010. «Il nostro approccio generale – spiega Renato Guerriero, responsabile della branch italiana di Dexia Asset Management – ci impone di diversificare fra tutti i paesi europei. È il gestore che poi sceglie quali aree sovrapesare o sottopesare e in questo momento, fra i periferici, concediamo più spazio alla Grecia rispetto a Portogallo, Spagna e Irlanda».

C'è insomma chi crede fermamente nelle possibilità della Grecia e per questo non molla i titoli, che potrebbero trasformarsi di nuovo in fonte di lauti guadagni come nei primi 10 mesi del 2009. «Siamo convinti – conferma Guerriero – che il salvataggio di Atene da parte di Unione europea e Fondo monetario sia uno scenario più probabile rispetto a quello di un riscadenziamento del debito o di un default. In questo caso il differenziale di rendimento andrà a ridursi, soprattutto sulle scadenze più brevi, offrendo così ottime opportunità di guadagno».

Non tutte le case di gestione sono ovviamente dello stesso parere è c'è anche chi ha deciso di ridurre le posizioni, se non tagliarle del tutto. «All'inizio del mese di aprile – osserva Marco Vicinanza, direttore degli investimenti di Arca Sgr – abbiamo drasticamente ridotto la nostra esposizione sulla Grecia, anche per la concomitante scadenza di un titolo che era presente nel portafogli. Adesso manteniamo alcune posizioni significative, ma su titoli a brevissima scadenza, massimo un anno, perché riteniamo improbabile un default a breve».

Chi della Grecia, almeno per il momento, non ne vuole più sapere è invece Banca Leonardo: «Da alcuni mesi – sottolinea Mario Moschetta direttore investimenti di Leonardo Sgr – abbiamo liquidato tutte le posizioni detenute direttamente o tramite fondi in titoli obbligazionari ellenici, perché la loro elevata volatilità non li rendeva più compatibili con il profilo di rischio-rendimento dei nostri prodotti di risparmio gestito».

Questione di punti di vista, insomma, anche se per la verità non manca chi fa notare che il discorso potrebbe essere esteso a Spagna e Portogallo (comunque inevitabilmente presenti in molti prodotti obbligazionari) e, perché no, ai BoT di casa nostra. Dopotutto, anche questi ultimi sono stati penalizzati, se pur di riflesso, dalla crisi greca e hanno finito per perdere terreno trascinando con loro una buona parte dei fondi liquidità italiani. Un esempio di come, in questo contesto, sia il concetto di investimento tradizionalmente sicuro a dover essere messo in discussione, non la sola Grecia.

TABELLA / Il rischio Grecia sui fondi
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